“La sinfonia è un mondo costruito con i suoni”, Gustav Mahler
Stagione 2016 – 2017, Concerti Straordinari
Un concerto straordinario vede il noto direttore Mariss Jansons impegnato in una delle pagine più complesse del repertorio sinfonico. La Sinfonia n. 9, in re maggiore, di Gustav Mahler è considerata il vertice delle composizioni sinfoniche del XX° secolo. Il direttore d’orchestra Leonard Bernstein ha paragonato il decisivo, e forse testamentario, ultimo movimento a “uno stato di meditazione trascendentale, ove l’ego pare dissolversi in un’ ambigua estasi dell’ Essere“.
Gustav Mahler, Sinfonia n. 9 in re maggiore
QUANDO:
Domenica 5 Febbraio 2017, ore 15.00
DOVE: TEATRO ALLA SCALA
Via Filodrammatici, 2
20121 Milano (MI)
INTERPRETI:
Direttore, Mariss Jansons
SYMPHONIEORCHESTER DES BAYERISCHEN RUNDFUNKS
QUALCHE INFORMAZIONE SUI BIGLIETTI:
Platea al costo di 145,20 €
Palchi, prima fila (e seconda fila nei palchi centrali) al costo di 145,20 €
Palchi, seconda fila laterale (e terza fila nei palchi centrali) al costo di 121,20 €
Prima Galleria, prima fila centrale al costo di 84,00 €
Prima Galleria, prima fila semi-centrale; Seconda Galleria prima fila centrale al costo di 84,00 €
Prima Galleria, prima fila laterale al costo di 60,00 € (ESAURITI)
Prima Galleria, seconda fila semi-centrale al costo di 60,00 € (ESAURITI)
Seconda Galleria, prima fila semi-centrale al costo di 60,00 €
Loggione al costo di 24,00 €
Teatro alla Scala: Gustav Mahler Sinfonia n. 9
oppure se volete, o se non sapete come fare, potete rivolgervi all’ Associazione Ma.Ni. per acquisto e ritiro dei biglietti. Potete scrivere a mara.grisoni@gmail.com o telefonare al numero +39 327 – 79.68.987.
PER CONOSCERE IL PROGRAMMA…
“Ho suonato di nuovo la Nona di Mahler. Il primo movimento è la cosa più Splendida che Mahler abbia scritto. È l’espressione di un amore inaudito per questa terra, del desiderio [Sehnsucht] di vivere in pace con la natura e di poterla godere fino in fondo, in tutta la sua profondità, prima che giunga la morte. Perché essa arriva senza scampo. L’intero movimento è permeato dal presentimento della morte. Si presenta in continuazione. Ogni sogno terreno culmina in questo (da qui la sempre nuova agitazione che cresce impetuosa dopo i passi più delicati), al massimo grado naturalmente in quel passo incredibile in cui il presentimento della morte diviene certezza, in cui la morte stessa si annuncia “con forza inaudita” proprio nel mezzo della più profonda e più dolorosa gioia di vivere. E poi il lugubre assolo di violino e viola e quei suoni soldateschi: la morte in corazza! Contro tutto ciò non c’è più resistenza! Ciò che ancora sopraggiunge mi sembra come rassegnazione. Sempre con il pensiero all’aldilà, che si manifesta proprio in quel passo “misterioso” simile all’aria rarefatta – ancor più in alto delle montagne – sì, come nello spazio che si fa più rarefatto (Etere). E di nuovo, per l’ultima volta, Mahler si rivolge verso la terra – non più alle lotte e alle azioni, di cui si sbarazza (come già nel Lied von der Erde, con i mordenti passaggi cromatici discendenti), bensì soltanto ormai completamente alla natura. Come e quanto a lungo vuole godere ancora delle bellezze della terra! Lontano da ogni fastidio, egli vuole mettere casa [Heimat] nell’aria libera e pura dello Semmerin, per respirare a pieni polmoni questa aria, la più pura di questa terra, con respiri sempre più profondi, perché questo cuore, il più splendido che mai abbia pulsato tra gli uomini, possa espandersi sempre di più, prima di dover cessare di battere“, Alban Berg, autunno del 1912
Dalla collezione BRUNO WALTER PAPERS, The New York Public Library
Le osservazioni di Berg mettono in luce diversi elementi peculiari. Il primo e il più importante è il rapporto con la morte; tema costante nel lavoro di Mahler.
Abbozzata nell’estate del 1908 la Nona Sinfonia fu completata l’ 1 aprile 1910, secondo quanto scrisse l’autore a Bruno Walter. Mahler non potè ascoltare le sue ultime opere, che furono eseguite postume. Walter diresse la Nona a Monaco il 21 novembre del 1911 e Das Lied von der Erde a Vienna il 26 giugno 1912.
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (Lucerne Festival Orchestra & Claudio Abbado – Lucerne, August 2010):
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (Gustav Mahler Jugendorchester, Claudio Abbado):
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (Bruno Walter & Wiener Philharmoniker – 1938):
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (Bernstein):
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (New York Philharmonic & Pierre Boulez – Live recording, New York, 17.X.1976):
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (Bernard Haitink & Concertgebouw Orchestra):
“Sinfonia Num. 9” by Gustav Mahler (Staatskapelle Berlin & Daniel Barenboim – Berlin, April 2009):
La struttura complessiva della Sinfonia si basa sull’equilibrio tra la forma ternaria e quella binaria. Questo rapporto non è solo un principio formale, ma assolve una funzione poetica ben precisa.
La Sinfonia n. 9 è suddivisa nei tradizionali quattro movimenti:
- Andante comodo 4/4, Mit Wut, Allegro risoluto, Leidenschaftlich, Tempo Andante
(Andante comodo, Con rabbia, Allegro risoluto, Appassionato, Tempo I Andante) - Im Tempo eines gemachlichen Ländlers, Etwas täppisch und sehr derb 3/4
(In tempo di un tranquillo Ländler, Un po’ goffo e molto rude) - Rondò–Burleske, Allegro assai, Sehrtrotzig – Adagio
(Rondò – Burleska, Allegro assai, Molto ostinato – Adagio) - Adagio, Sehr langsam und noch zurückhalten
(Adagio.Molto lento e ancora ritenuto)
Il primo movimento è forse la pagina tecnicamente più complessa e raffinata che Mahler abbia mai composto. Non stupisce che un musicista estremamente sensibile alla costruzione formale come Berg sia stato colpito così a fondo dall’ Andante comodo. Mahler combina assieme due principi della tecnica compositiva: lo sviluppo e la variazione.
Ogni dettaglio, per quanto minuto, è organizzato da Mahler con rigore matematico per rendere più precisa l’ espressione emotiva. Non a caso Leibniz definiva la sua musica come exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi “un esercizio inconsapevole di matematica in cui la mente non si rende conto di calcolare”.
Il movimento è una celebrazione della morte, una drammatica rappresentazione della lotta, del combattimento, della sconfitta e della rassegnazione di fronte alla morte.
I due movimenti centrali offrono un netto contrasto rispetto ai movimenti estremi. Mahler rappresenta in questi due pannelli il mondo degli uomini. L’opposizione natura-civiltà è un tratto caratteristico del pensiero di Mahler, fin dalla giovinezza. «Se l’odioso potere della nostra moderna ipocrisia e menzogna – scriveva a Joseph Steiner nel 1879 – mi ha condotto al punto di disprezzare me stesso, se il rapporto tra vita e arte, che in noi mai si interrompe, ha fatto sì che io provi disgusto per tutto ciò che mi è sacro, arte, amore, religione, non esiste altra scelta che l’autodistruzione». Poi la lettera prosegue in un’altra direzione: «il mio riso beffardo si scioglie in pianto d’amore. E devo amarlo questo mondo con i suoi inganni e la sua superficialità e con il suo eterno ridere». La frattura tra l’Io e il mondo non si ricompose mai in Mahler. Malgrado la posizione sociale e la stima della parte più aperta del pubblico, Mahler sentiva di non essere accettato fino in fondo a Vienna, in quanto ebreo e in quanto artista.
Il “comodo Ländler” dev’essere «un po’ goffo e molto grossolano». Il tono intero discendente costituisce la risposta degli strumenti a fiato alle viole e ai fagotti, che scandiscono la danza rustica. Il sentimento della nostalgia si salda in questo modo al carattere volgare della danza. La struttura formale è composta da tre elementi:
– la danza rustica in Do maggiore (A)
– un tempo di Valzer più mosso, tonalmente instabile (B)
– un Valzer lento di carattere dolce e languido in fa maggiore (C)
Mahler è il primo autore a trasfigurare il Valzer in una grande metafora poetica. Le 621 battute che costituiscono il movimento sono forse il primo esempio dell’identificazione del Valzer con la civiltà viennese, alla stregua del Rosenkavalier di Strauss o della Valse di Ravel.
In questo movimento è evidente la tecnica di Mahler del collage musicale. Una melodia, per esempio, comincia in primo piano per poi diminuire bruscamente di volume a metà della frase, come se dall’oceano della memoria affiorassero relitti destinati a scomparire subito nel nulla. Mahler ottiene effetti espressivi, senza ricorrere a violenti contrasti timbrici. Echi, ripetizioni, richiami risuonano all’improvviso come lampi nella notte aumentando il senso di straniamente. L’ossessiva insistenza rende le immagini inquietanti, il trillo deforma la melodia in un orpello osceno. Il culmine è raggiunto all’inizio dell’ultima sezione.
Per il Rondo-Burleske successivo Mahler adotta uno stile contrappuntistico. «Sehr trotzig», molto cocciuto, è l’indicazione del movimento. Secondo l’opinione di Mengelberg, il movimento esprime gli inutili sforzi dell’uomo di fronte all’eternità della morte. L’ironia, nascendo dalla comprensione della distanza irriducibile tra l’uomo e il mondo, è un classico tema della cultura romantica, che Mahler accoglie in pieno. L’umorismo consiste qui nel collegare l’arte del contrappunto, luogo delle regole per eccellenza, con l’idea che le azioni umane siano durevoli. Alla fine del Rondò si apre all’improvviso una parentesi su un panorama di pace e nel Corale compare una figura musicale, un gruppetto, che diventerà l’elemento fondamentale dell’Adagio. La transizione al Burleske conclusivo avviene gradualmente.
Nell’ Adagio finale l’autore risolve il conflitto tra arte e vita, anzi ogni conflitto tra l’essere e il mondo. Mahler, che non adopera mai a caso un elemento musicale, si rivolge nella pagina finale della sua «Sinfonia della morte» all’arte di Bach. La struttura dell’Adagio si articola in una serie di forme caratteristiche dello stile delle Passioni: Recitativo libero e accompagnato, Corale-Aria, Aria drammatica. Mahler racconta la storia della propria morte e della trasfigurazione nel divino, identificando se stesso nella figura di Cristo. Mahler sentiva la figura di Cristo, morto per redimere il mondo dalla sofferenza e dal dolore, come un modello drammatico.
Lo stile richiama l’Abschied di Das Lied von der Erde. La prima frase, dal timbro scuro, è un Recitativo. L’ingresso del Corale porta un respiro di tranquillità. Alla fine il fagotto introduce una frase in minore che ha la funzione di ritornello. Lo schema Recitativo-Aria si ripete in varie forme, accumulando la tensione per la grande cadenza verso il grandioso ritorno del Corale. A battuta 153 Mahler scrive in tedesco «esterbend», mentre fino allora aveva usato l’italiano “morendo“. Nella musica di Mahler il termine esterbend compare altre due volte: nel I movimento della Seconda Sinfonia, dove si parla di luce primordiale, e nel finale del Canto della terra. Dunque la morte è la ricongiunzione dell’eterno oltre il suono e il silenzio. Nelle battute finali dell’Adagio si mormora un’ultima citazione, dai Kindertotenlieder: “Im Sonnenschein! Der Tag ist schön auf jenen Hòh’n!” (“in pieno sole! La giornata è bella su quelle alture”, tr. it. Q. Principe). L’addio alla vita è dunque nostalgia del calore e della luce. «Con intimo sentimento», indica la partitura. L’armonia si ricompone, infine, nella nuda semplicità dell’accordo di Re bemolle. Rimane il lento battito del gruppetto, prima che il suono scompaia per sempre nel nulla.
… … …
Mariss Jansons…
Figlio del direttore d’orchestra Arvids Jansons e della cantante Iraida Jansons, di origine ebraica, Mariss Jansons nasce in un nascondiglio a Riga dopo che il nonno e lo zio materni furono uccisi nel ghetto della città.
Da bambino inizia lo studio del violino con suo padre, il quale vince nel 1946 il secondo premio in un concorso nazionale e viene scelto da Yevgeny Mravinsky come assistente all’ Orchestra Filarmonica di Leningrado. Quando la sua famiglia lo raggiunge nel 1956, il giovane Mariss viene ammesso al Conservatorio di Leningrado, dove studia pianoforte e direzione d’orchestra, nonostante l’insistenza del padre a continuare violino. Nel 1969 prosegue i suoi studi a Vienna con Hans Swarowsky e a Salisburgo con Herbert von Karajan, che lo invita a diventare suo assistente alla Berlin Philharmonic Orchestra, ma le autorità sovietiche gli impediscono di espatriare.
Nel 1973, Jansons viene nominato direttore associato della Filarmonica di Leningrado, oggi di San Pietroburgo.
Nel 1979 è designato alla direzione musicale dell’ Orchestra Filarmonica di Oslo, con la quale si esibisce e incide con intensità fino al 2002. Nel 1981 dirige la prima esecuzione assoluta nell’ Østland Musikkonservatorium di Oslo di “Pedagogisk Ouverture” di Olav Anton Thommessen, nel 1982 nel National Teater di Oslo di “Brunnen” di Egil Hovland, nel 1983 la prima televisiva postuma nella Norsk rikskringkasting di Oslo di “Paa Vidderne” di Frederick Delius e nel 1988 nell’Østland Musikkonservatorium di Oslo di “The Great Attractor” di Olav Anton Thommessen. Jansons si dimette da quell’incarico nel 2000 dopo contrasti con la città a proposito dell’acustica dell’ Oslo Konserthus.
A Salisburgo dirige nel 1990 un concerto con la Oslo Philharmonic (Oslo-Filharmonien) e Radu Lupu, nel 1992 con la Saint Petersburg Philharmonic Orchestra, nel 1993 un concerto con Yuri Bashmet, nel 1994 un concerto con i Wiener Philharmoniker, nel 1995 e nel 1997 due concerti, nel 1998 un concerto, nel 1999 un concerto con la Pittsburgh Symphony Orchestra, nel 2002 tre concerti, nel 2003 tre concerti, nel 2006 un concerto con la Royal Concertgebouw Orchestra ed Alfred Brendel e la Sinfonia n. 6 (Mahler), nel 2007 un concerto con la Symphonieorchester ed il Coro della Bayerischer Rundfunk, nel 2008 un concerto con Elīna Garanča, nel 2009 un concerto, nel 2010 un concerto con Ferruccio Furlanetto, nel 2011 due concerti con Lang Lang e nel 2012 un concerto con Leonidas Kavakos ed uno con Nina Stemme.
Nel 1992, Jansons viene nominato direttore ospite principale della London Philharmonic Orchestra.
Al Teatro alla Scala di Milano nel 1992 dirige tre concerti.
Nel 1997 è direttore musicale della Pittsburgh Symphony Orchestra. Il suo contratto iniziale durava tre anni, ma i suoi rinnovamenti successivi erano annuali. Nel giugno 2002 dichiara l’intenzione di voler lasciare l’orchestra nel 2004.
Nell’ aprile 1996 a Oslo, Jansons rischia seriamente la vita durante la conduzione delle ultime pagine della Bohème in seguito ad un infarto. Scampato il pericolo, il direttore d’orchestra lettone si prende una pausa per la riabilitazione in Svizzera. Più tardi, un’equipe di chirurghi a Pittsburgh gli impianta un defibrillatore nel torace: nel caso di un altro infarto, questo impianto gli avrebbe dato una scossa elettrica. I suoi problemi cardiaci sono congeniti: nel 1984 Arvids Jansons, suo padre, muore dirigendo la Hallé Orchestra. Mariss Jansons dichiarò di soffrire molto il jet lag e questa fu una delle ragioni che lo convinsero a lasciare gli Stati Uniti.
All’ inizio della stagione musicale 2003-2004, Jansons ottenne la direzione dell’ Orchestra sinfonica della Radio Bavarese (BRSO), per un contratto iniziale di tre anni. Il suo ingaggio con la BRSO è per 10 settimane ogni stagione. Nel settembre 2006, Jansons estende il suo iniziale contratto con la BSO fino all’agosto 2009. Nel luglio 2007 lo estende ulteriormente, fino al 2012. Nell’ottobre 2002 Jansons diventa il sesto direttore d’orchestra della Royal Concertgebouw Orchestra (KCO) di Amsterdam, ma in effettivo dal 1º settembre 2004, quando succede a Riccardo Chailly rimanendo fino al 2015.
Al Teatro La Fenice di Venezia nel 2003 dirige in concerto i Wiener Philharmoniker.
Nel 2006, Mariss Jansons aumenta la propria popolarità dirigendo il Concerto di Capodanno a Vienna.
Ancora alla Scala nel 2007 dirige in concerto la Symphonie Orchester des Bayerischen Rundfunks e nel 2008 la Royal Concertgebouw Orchestra.
Nell’ottobre 2007, Jansons, che è luterano, dirige la Nona Sinfonia di Beethoven con l’Orchestra sinfonica della Radio Bavarese per Papa Benedetto XVI e altri 7000 presenti all’ Auditorium Paolo VI. Il concerto viene trasmesso in tutto il mondo.
Il 1º gennaio 2012 torna invece sul podio dei Wiener Philharmoniker per dirigere nuovamente il Concerto di Capodanno di Vienna ed in settembre dirige Ein deutsches Requiem al Concertgebouw. Nel 2015 dirige lo Stabat Mater di Dvořák con l’ Orchestra sinfonica della Radio Bavarese a Lucerna. In occasione dei concerti di Capodanno del 2016 ha ricoperto per la terza volta tale incarico.
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